VENEZIA. Alla casa dei Tre Oci la mostra Sguardo di donna. Da Diane Arbus a Letizia Battaglia. La passione e il coraggio curata da Francesca Alfano Miglietti, rende omaggio all’universo femminile e pone al centro la sensibilità di venticinque artiste che con la loro arte hanno toccato note profonde dell’esistenza umana.
La presenza delle donne nel campo artistico è oggi diventata importante, ma non è stato sempre così, infatti c’è stato un tempo in cui le donne erano relegate al ruolo di casalinghe e mogli amorevoli e solo grazie al loro coraggio e dopo innumerevoli lotte sono riuscite a rivendicare i propri diritti e la propria libertà creativa ed espressiva. Ogni donna è unica nel suo genere, come diversa è la sensibilità che essa trasmette, ed è proprio grazie a questa eterodossia di sentimenti che la mostra si propone di mettere in scena emozioni universali che indagano diverse problematiche dell’essere donna, dove il minimo comune denominare è il dialogo serrato con il reale offerto dal poliedrico linguaggio del mezzo fotografico.
Dalle immagini dei freak di Diane Arbus scattate nei sobborghi di una New York borghese degli anni sessanta, si passa agli scatti intimi e privati di Nan Goldin e alla sua personale visione del dolore dettato del problema dell’eroina e dell’HIV. Donna Ferrato denuncia la violenza perpetuata a donne e bambini dentro le mura domestiche, Shirin Neshat racconta la situazione femminile all’indomani della rivoluzione iraniana, mentre gli scatti di Sophie Calle, in cui racconto narrativo e fotografia si mescolano indissolubilmente, sono accostati a quelli di Lucinda Devlin che documenta la pena di morte negli Stati Uniti. Ma la lista è ancora lunga e in mostra sono presenti le opere di Yelena Yemchuk, Yoko Ono, Sam Taylor-Johnson, Yael Bartana, Bettina Rheims, Donata Wenders, Tacita Dean, Martha Rosler, Alessandra Sanguinetti e Roni Horn, a cui sono accostate le fotografie attente al sociale di Zanele Muholi, Margaret Bourke-White, Catherine Opie e Tracey Rose.
In una mostra così importante di certo non poteva mancare la presenza delle artiste italiane ed ecco che a far riflettere lo spettatore ci pensano le fotografie penetranti di Letizia Battaglia che ha documentato le stragi mafiose durante gli anni di Piombo, Lisetta Carmi che nel 1966 ha ritratto il poeta Ezra Pound reduce da tredici anni di manicomio criminale negli Stati Uniti. E ancora, Chiara Samugheo che indaga il fenomeno de Le invasate di Galatina, Martina Bacigalupo è attratta dallo studio umano dei gemelli omozigoti, e infine, ma non per importanza, le opere di Giorgia Fiorio, che per dieci anni ha concentrato la sua attenzione sulle comunità del mondo maschile nella società occidentale.
La mostra è una sinfonia a più voci, che si fa testimone di storie spesso celate nel proprio intimo, che per quando forti e dolorose tradiscono sempre la loro natura gentile e umana, dettata dalla sensibilità che connota l’essere femminile. La dolcezza e la raffinatezza dello sguardo accompagna lo spettatore per tutto il percorso della mostra, e prosegue anche nell’allestimento teatrale proposto dallo stilista Antonio Marras, in cui frammenti di tessuto logori, abbandonati nei depositi del Teatro La Fenice diventano metafora dell’esperienza umana perché infondo «gli abiti sono come noi, fanno parte della nostra esperienza di vita, del susseguirsi degli eventi; a volte succubi di ciò che accade, a volte soggetti attivi che diventano emozioni e stati d’animo». L’esposizione è arricchita dal catalogo Marsilio Editori con testi a cura di Francesca Alfano Miglietti e impreziosito ulteriormente da altri interessanti contributi critici e illustrazioni.