Avete un solo week end per vedervi tutte le mostre di Fotografia Europea? Siete in cerca di consigli per capire quali vale la pena vedere? Allora partiamo, in questo viaggio nella fotografia, alla scoperta delle principali mostre del circuito ufficiale della manifestazione reggiana. Il festival, per chi non lo sapesse, si svolge a Reggio Emilia che è anche la città che ospita la nostra testata web. E ogni tappa è un’occasione anche per scoprirla e viverla.
Per comodità abbiamo diviso le tappe mettendole in ordine di vicinanza. Ma ovviamente voi, sbirciando le nostre gallery fotografiche, saprete subito cosa fa per voi e andare dritti alla meta, verso il vostro artista preferito o le foto che vi piacciono o incuriosiscono di più.
1° PERCORSO
1. VIA SAN ROCCO. Entrando nella vecchia sede della banca San Geminiano – che ne conserva ancora la struttura con tanto di bussole all’ingresso – si entra nel mondo di Clément Cogitore.
Questa è una mostra davvero particolare perché se ci aspettiamo di trovare foto appese al muro rimarremo davvero delusi. Invece qui si sperimenta, si racconta una storia, di due famiglie che vivono ai margini della realtà e che entreranno in conflitto tra loro. E lo si fa con un allestimento particolarissimo fatto di pannelli luminosi (che sembrano grandi cubi sottili) disposti lungo tutta la stanza in cui da un lato vengono proiettati filmati, frutto della ricerca foto-video di Cogitore, mentre dall’altro lato (grazie alla luce emessa dai filmati) emergono fotografie tratte dallo stesso progetto.
Una sperimentazione di certo affascinante e che vale la pena vedere.
2. SINAGOGA. Nello spazio di via dell’Aquila, si fanno largo le fotografie di Luca Campigotto. Una struttura bellissima, storica, nel cuore della città con sede di quello che una volta era il quartiere del ghetto ebraico e che ben si presta a ospitare le fotografie di grandi dimensioni del fotografo veneziano.
Campigotto è uno dei grandi fotografi di paesaggio contemporaneo e a Reggio ci conduce dalla Cina del passato, con magnifiche vedute di paesaggi tradizionali, all’irriconoscibile Cina del presente. “Pechino, Shanghai e Hong Kong ci appaiono luoghi mai visti prima: non tanto per le nuove, straordinarie costruzioni, quanto per la loro luce sorprendente. Un mix di neon, LED, vapori di sodio, fluorescente e tungsteno, mischiati alla luce solare. Colori travolgenti, quasi extraterrestri: come una pista di atterraggio sul pianeta Krypton di notte”.
Di certo una delle mostre che più hanno affascinato il pubblico di questa edizione di FE.
3. GALLERIA PARMEGGIANI. Al primo piano dello storico museo trovano spazio le ‘Memories in Super8’ di Francesca Catellani. Un bel progetto, il suo, dove è la fotografa è andata alla ricerca di materiale documentativo privato, raccolto con un minuzioso lavoro di ricerca tra Italia, le sue isole e l’Europa.
Con queste foto allora entriamo nell’intimità di persone sconosciute (anche tra loro). Scopriamo un’epoca e la sua evoluzione grazie a tanti scatti e filmati privati e sinceri.
4. SPAZIO GERRA. In una moderna struttura di vetro trasparente trova casa lo Spazio Gerra. Generalmente, o almeno in tutte le edizioni di Fotografia Europea che io ricordo, qui si trovano alcune delle mostre più cool, intriganti giovani. Lo spazio, luminosissimo e arieggiato, si presta bene ad ospitare mostre fotografiche che sono spesso accompagnate da un sottofondo musicale o pannelli in cui scorrono veloci le immagini e i video.
Per questa edizione di FE Spazio Gerra accoglie una mostra sul Fotoromanzo andando a giocare con le foto vintage contenute nei famosi giornali d’epoca. Una mostra che si estende su tutti i piani della struttura.
Divertente la possibilità di creare il proprio fotoromanzo (al piano terra troverete un’apposito banco con fotoromanzi in cui aggiungere i testi) e di farsi un selfie davanti allo specchio del parrucchiere mentre si sfogliano vecchi fotoromanzi).
p.s. qui possono entrare anche i nostri amici a quattro zampe 😉
2° PERCORSO
1. VIA SECCHI. In questa sede, che si trova in una laterale, proprio a due passi da via Roma e dal teatro Valli, si trova la collettiva dell’ Open call. Una mostra giovane che interseca più tematiche e in cui si possono scoprire – per chi non li avesse già visti – interessanti progetti. Come ‘Motherland’ di Danila Tkachenko (che avevamo già avuto modo di conoscere al Si Fest 2016) un progetto realizzato in alcuni villaggi abbandonati nelle campagne della Russia che analizza lo stato di abbandono delle comunità rurali, iniziato con il processo di collettivizzazione del ’28-’37.
E poi ‘Birth of Utopia’ di Andrea & Magda (finalisti ai Sony World Photography Award 2016) che documenta la nascita di Rawabi il primo insediamento della Cisgiordania costruito appositamente per i palestinesi; ‘Charlie surfs on Lotus Flowers’ di Simone Sapienza, una riflessione personale sulla società vietnamita 40 anni dopo la vittoria dei Vietcong contro gli Stati Uniti.
Ancora in mostra ‘Feed Us’, un lavoro di Nicolò Panzeri sul tema dell’alimentazione e su come l’uomo ha plasmato l’industria alimentare a sua somiglianza e ‘Non dite che siamo pochi’ di Umberto Coa che ha costruito una storia di finzione che fa riferimento a eventi reali e si sviluppa all’interno dell’insurrezionalismo anarchico con fotografie, documenti raccolti da un personaggio di finzione.
2. CHIOSTRI SAN DOMENICO. La mostra, come suggerisce il titolo, è una finestra sull’arte contemporanea iraniana. Si apre con un viaggio storico sull’Iran per poi passare a diverse interpretazioni del mezzo fotografico da parte di dieci fotografi iraniani. Ognuno con il loro stile racconta un punto di vista diverso su storia, società, territorio, tabù offrendo uno spaccato di una popolazione che ha vissuto cambiamenti importanti, sia dal punto di vista sociale che politico.
Tra i fotografi in mostra Gohar Dashti, Shadi Ghadirian, Mohammad Ghazali, Ghazaleh Hedayat, Mehran Mohajer, Ali Nadjian, e Ramyar Manouchehrzadeh, Mohsen Rastani, Newsha Tavakolian, Ahmad Aali.
E poi una ricostruzione esterna, da un punto di vista non iraniano, con un progetto di Walter Niedermayr che ha cercato di istituire un dialogo tra il paesaggio urbano iraniano, sorto dopo la rivoluzione islamica del 1979 e caratterizzato in larga parte dall’influenza dell’architettura occidentale e i siti storici e i luoghi culturali dell’antica Persi.
3. PALAZZO DA MOSTO. E’ di certo una delle mostre di richiamo di questa edizione del festival. Con una sezione dedicata ai libri di fotografia sulla rivoluzione e una stanza completamente dedicata a un progetto fotografico di Toni Thorimbert su danza e fotografia negli spazi urbani, l’attenzione si focalizza però su di lui: Joel Meyerowitz.
120 fotografie che attraversano tutta la carriera del fotografo americano, uno dei più grandi del Dopoguerra, dagli esordi fino ai lavori più recenti. Dalla street photography degli anni Settanta – molto dei quali ironici – ai monumentali scenari della costa atlantica ripresi con una macchina di grande formato.
Un’esposizione che lascia a bocca aperta e un’occasione unica per ammirare l’evoluzione del lavoro del grande fotografo.
3° PERCORSO
VILLA ZIRONI. E’ una sede privata, questa, e vale già solo per questo dettaglio una visita. Qui trova spazio ‘The Archive You Deserve’ di Lorenzo Tricoli, artista milanese recentemente scomparso. Questa mostra è un omaggio a lui e alla sua innata creatività, con fotografie da scoprire all’interno di cassetti di un vecchio mobile, inseriti in quadretti che si inseriscono perfettamente con l’ambiente circostante.
Un’opera-archivio che, attraverso l’accumulo, la catalogazione e il rimescolamento di fotografie, ritagli di giornale, libri, riviste, documenti vari ed eventuali, evolve di continuo, come un organismo, mentre il materiale viene aggiunto e riassemblato in installazioni temporanee.
2. PALAZZO MAGNANI. Nel palazzo di Corso Garibaldi la rivoluzione passa attraverso il sesso con una mostra che osa portando al suo pubblico non solo vecchie locandine di film osé, fumetti, riviste pornografiche dell’epoca ma anche vibratori d’epoca, filmati soft, fotografie spinte. L’obiettivo di questa mostra è raccontare le trasformazioni nel modo di concepire e vivere la sessualità tra gli anni ’60 e ’70 e lo fa attraverso oltre 300 reperti d’epoca: sequenze cinematografiche, fotografie d’autore, fumetti, rotocalchi, libri, locandine di film, brani musicali, installazioni multimediali, ambientazioni con oggetti di design, musica e oggetti tabù di ogni epoca. Ma anche le proteste vengono raccontate (per la pillola o l’aborto, per fare un esempio) e il tutto risulta non scontato ma assolutamente interessante.
La mostra sta riscuotendo un successo strepitoso per cui sarà prorogata.
3. BATTISTERO. Una mostra gioiello quella di Elio Ciol all’interno del Vescovado, proprio accanto alla Basilica di piazza Prampolini ospitata all’interno del piccolo battistero. Un racconto di luoghi e personaggi, di bellissimi ritratti.
Nei paesaggi, in particolare, Ciol ha totalmente rivoluzionato la sua narrazione fotografica scomponendo le immagini in dittici e trittici per far dialogare i luoghi tra loro. Nelle immagini di Ciol, poi, un mondo contadino e popolare da riscoprire.