Sono tante le mostre da vedere in questo festival di Fotografia Etica 2018.
Alcune vi faranno aprire gli occhi su certi temi, altre vi faranno sorridere, altre ancora vi faranno girare lo sguardo altrove per la crudezza delle tematiche trattate. O almeno questo è successo a me e molte altre persone che in questi week end hanno preso d’assalto – letteralmente – le sette sedi delle mostre.
Sguardi attenti e silenzi religiosi di fronte alle fotografie. Molti si sono posti così di fronte alle foto. Certo è che – ed è forse la cosa più importante – molti altri di loro non riuscivano a trattenere commenti e persino le lacrime di fronte a certe crudeltà e ingiustizie.
Ed ecco perché credo che valga la pena visitare questo festival che di anno dimostra di crescere, nella scelta delle proposte, degli autori, delle tematiche. Perché fa crescere nell’animo. Anche perché dentro all’ ‘etica’ ci sono mille mondi, molti ancora non conosciuti e che questa edizione di certo ha portato a conoscere.
Ma vediamo le mostre di questa edizione.
Partiamo con le esposizioni leggere, se mi passate il termine, come ‘Human dog alimenta l’amore‘ alla biblioteca Laudense. Qui sono esposte le fotografie di Silvia Amodio sul legame tra gli animali domestici e il loro padrone. Un progetto che fa parte di una campagna promossa da Coop Lombardia che prevede una raccolta di cibo per cani e gatti e relativa consegna alle associazioni che ne hanno più bisogno.
Una mostra leggera, sì, ma che non può non farci pensare ai tanti animali che hanno bisogno del nostro – anche piccolo – aiuto.
Ancora gli animali sono protagonisti all’ex chiesa di San Cristoforo. Qui ci sono ‘Storie che fanno la differenza‘ di Ami Vitale, un viaggio in diverse nazioni in cui la fotografa ha documentato il legame che si crea tra gli esseri umani e gli animali, anche di specie protette. Dai panda ai rinoceronti fino agli elefanti: la fotografa ritrae lo sforzo delle comunità locali ed organizzazioni nel difendere queste specie. La cosa più affascinante è che Ami Vitale non documenta e basta ma propone anche soluzioni.
Si cambia poi totalmente registro con la mostra di Paolo Marchetti ‘The Price of Vanity‘. Io ve lo confesso, l’ho guardata da lontano, scorrendo le immagini con lo sguardo velocemente dal tanto che mi si strigeva forte il cuore. Marchetti qui documenta il prima e il dopo, sulle origini di alcuni dei nostri desideri e ciò che comporta realizzarli. Una mostra per riflettere sul ‘prezzo della nostra vanità’, appunto, e su cosa succede quando vogliamo a tutti i costi pellicce o scarpe di coccodrillo.
Fa riflettere anche ‘Discendenza senza corna‘ di Nikita Teryoshin sulle cosidddette mucche-turbo, le mucche tedesche da latte conosciute per la loro affidabilità e le loro performance, a cui vengono tolte le corna perché considerate pericolose per l’uomo. Questo ovviamente a scapito della loro salute.
A farci capire quanto poi possa arrivare la crudeltà umana ci pensa Wu Jingli che con Dogs Men, a Palazzo Barni, ci presenta una sequenza di immagini rubate nel corso dei combattimenti tra cani. Ovviamente anche questa mostra, per me, è stata un vero pugno nello stomaco. Perché certe cose si sanno che esistono, ma si cerca di non pensarci. E un’altra cosa è vedersele di fronte, entrarci in contatto, anche solo tramite immagini che entrano comunque nell’animo e scuotono.
Sempre a Palazzo Barni – sede spettacolare con dipinti pazzeschi, in pieno centro storico – troviamo alcuni dei lavori dei fotografi che hanno vinto il World Report Award. Una location perfetta che mette in risalto le fotografie di Paula Bronstein con un lavoro sulla crisi dei Rohingya; Tommaso Protti, con un lavoro sulla Terra Rossa; Camillo Pasquarelli, con un focus sulle vittime degli scontri nella valle del Kashmir che conservano nei loro corpi dozzine di pallottole e infine Nanna Heitmann con un reportage sulla fine dell’estrazione del carbone in Germania.
I lavori dei Single Shot Award si possono poi trovare all’ex Cavallerizza, aperta quest anno al pubblico per la prima volta dopo la ristrutturazione. Una bella sede che da’ ampio respiro ai lavori di 30 autori differenti. Una singola foto per autore, per una storia (dietro la foto) da scoprire.E’ qui anche lo scatto più ricercato e fotografato del festival: ovvero quello di Benet Marei Stachowske che ritrae una neonata e la madre, salve a bordo della nave Sea Eye.
Un altro progetto che ha scosso e interessato moltissimo il pubblico del festival è stato quello di Mary Calvert all’ex chiesa dell’Angelo: un lavoro di denuncia sulle violenze sessuali subite dalle donne all’interno dell’esercito americano. Storie raccontate attraverso foto in bianco e nero e didascalie precise che hanno colpito e lasciato un segno.
Altri bei progetti a Palazzo Modignani dove sono ospitati i lavori di Filippo Venturi, sulla Corea, apprezzatissimo dal pubblico; di Shah Marai sulle donne afghane; Adam Ferguson sulle donne rapite dall’organizzazione terroristica Boko Aram Oliver Laban-Mattei sullo Yemen e Michele Guyot Bourg sulla vita che scorre a fianco e sotto i viadotti. Anche in questo caso la location è azzeccata, giusta per esaltare i lavori dei quattro fotografi in mostra.
Ha concluso il mio viaggio al festival la visita alla Bipelle Arte dove sono ospitate un’altra serie di mostre delle associazioni No Profit che hanno convinto il pubblico del festival. In particolare troviamo il lavoro di Sally Ryan sulla cura degli invisibili di Los Angeles, di Marco Gualazzini che ha documentato la vita delle donne che nascono in tempo di guerrra, nel Congo. E poi un focus ambientale, sui cambiamenti climatici, in particolare nell’area del Turkana a firma di Fausto Podavini e un progetto sulle strade con portano in nessun luogo di Johnny Miller.
Qui anche il lavoro Arma il prossimo tuo di Paolo Siccardi e Roberto Travan con una serie di testimonianze raccolte nelle trincee, nelle chiese e nelle moschee distrutte, tra le popolazioni ridotte in miseria e disperazione della Repubblica Centrafricana, Sud Sudan, Kosovo, Siria, Afghanistan, Israele, Ucraina.
Un festival da scoprire, quindi, che fa riflettere, che apre gli occhi e che vi consiglio caldamente di andare a vedere.
Scopri tutte le mostre qui e visita il sito del festival di fotografia etica