Francesca Woodman: Italian Works è stato il titolo della mostra dell’omonima artista che è stata ospitata fino al 15 dicembre scorso nella galleria Victoria Miro di Venezia.
Il suo rapporto con l’Italia
Francesca Woodman, nonostante la sua brevissima vita, è oggi considerata una delle fotografe più influenti del XX secolo. L’Italia è per lei una seconda casa: americana e figlia artisti, dal 1975 al 1979 studia arte presso la Rhode Island School of Design a Roma dove viene a contatto non solo con l’arte classica e la visione estetica italiana ma anche e soprattutto con i movimenti artistici dell’epoca, l’Arte Concettuale e la Body Art.
La Woodman stringe legami con artisti italiani dell’epoca tra cui Giuseppe Gallo ed Enrico Luzzi, attraverso i quali conosce il Pastificio Cerere, un luogo abbandonato convertito in spazio artistico da questi artisti noti con il nome “Gruppo San Lorenzo”.
L’importanza di questo luogo è tale proprio perché la Woodman realizza alcune delle sue immagini più note della sua breve ma intensa produzione fotografica.
La sua cultura visiva è stata anche attratta dallo studio di temi fantastici e grotteschi appresi dalle ore passate nella libreria Maldoror a Roma, di cui fu collaboratrice e dove l’artista vede esposta la sua prima mostra individuale nel nostro Paese.
Produzione unica
La produzione fotografica della Woodman unica nel suo stile e che avviene in un arco temporale di quasi dieci anni dal 1972 al 1981 (tra i 13 ed i 22 anni) è, caratterizzata da autoritratti e da immagini che ritraggono il suo corpo e ciò che lo circonda: è una performance fotografica in un ambiguo confine tra la ricerca di una propria personalità e un irreale nuova dimensione.
Le sue immagini sono palpabili, carnali, che si adattano all’ambiente, un corpo che si mimetizza con semplici e pochi oggetti messi in scena. Il suo rappresentarsi è spesso la risposta alle domande che si pone rispetto alla sua interiorità, generando nel contempo immagini poetiche e persuasive: la macchina fotografica diventa il veicolo che consente all’autrice di governare al meglio la sua immaginazione.
Tra i suoi appunti la Woodman afferma: “La cosa che mi interessava di più era la sensazione che la figura, più che nascondersi da se stessa, fosse assorbita dall’atmosfera, fitta e umida”.
In mostra a Venezia
In mostra sono esposti i suoi autoritratti Self-deceit (1978), con riferimento alla scultura classica e surrealista, dove il proprio corpo nudo è rappresentato con un unico elemento, un vetro specchiato dai bordi irregolari, Angel Series (1977) e la Eel Series (1978), quest’ultima realizzata durante le frequenti visite a Venezia.
Focus sull’immagine
In questa ultima immagine, from the Eel Series (1978), in bianco e nero, l’autrice circonda con il suo corpo nudo, una ciotola bianca rotonda con un anguilla dal corpo contorto. La Woodman vuole assomigliare all’anguilla, e questo si può osservare dai molti rimandi presenti nell’immagine, che ora vediamo.
Il braccio sinistro è allungato e incurvato; la posizione del fisico dell’autrice è ambiguo: il seno, l’inguine ed i capelli non sono visibili. Le parti visibili del corpo, i capelli e le spalle spigolose, sono illuminate da una luce soffusa, che riportano alla pelle chiara dell’animale.
Il pavimento alla veneziana, infine, è cornice rafforzativa della posizione assunta dal corpo dell’autrice.