Un omaggio al Giappone e ai fotografi d’Oriente; i meravigliosi ritratti di Larry Fink e gli eleganti scatti di Horst; l’originalità di Jacopo Benassi.
Sono davvero tante le mostre proposte in occasione di questa edizione 2019 di Fotografia Europea pronta a riaffacciarsi su Reggio Emilia dal 12 aprile.
Un’edizione che segue la traccia dei ‘Legami’, esplorati sotto numerosi punti di vista: personali, affettivi, legati alla tradizione e ai ricordi. O alla storia e all’attualità.
E se vi state chiedendo cosa ci sarà da vedere e da fare per questa edizione di Fotografia Europea 2019 ecco che vi diamo qualche spunto.
Siamo stati infatti alla press preview e qui troverete qualche foto e annotazione del nostro primo viaggio per le mostre Fotografia Europea.
Le mostre ai Chiostri di San Pietro
Dopo un anno di chiusura, per restauro, i Chiostri di San Pietro sono tornati a far parte del circuito ufficiale del festival fotografico reggiano.
E le mostre, qui, fanno di certo la loro figura.
Si parte al primo piano dove il circuito ufficiale si apre con le fotografie di Samuel Gratacap, un progetto sociale e politico realizzato dal fotografo fra il 2014 e il 2016 in Libia e Tunisia.
Qui il fotografo ha incontrato i migranti e i militari narrando le loro storie di visibilità-invisibilità tramite fotografie – di piccole e grandi dimensioni – video e testimonianze.
Il percorso prosegue poi con ‘Rivoluzioni‘ un progetto video firmato da Francesco Jodice sul tema della circolarità della storia. Un tema che è stato epslorato dal fotografo partendo da un fatto realmente accaduto: l’ultimo messaggio inviato dalla sonda Kaiju il 17 giugno del 1989, prima della sua scomparsa in un buco nero.
Bello il poi il progetto di Vittorio Mortarotti che, con The First Day of Good Weather, ci racconta una storia personale. Il Giappone fotografato da Mortarotti è quello di Kaori, la fidanzata giapponese del fratello scomparso, ma anche quello dello tsunami del 2011 e della bomba atomica.
A due anni esatti dalla catastrofe che causò la morte di circa 25000 persone e la distruzione di 475000 abitazioni, Vittorio parte da Fukushima e dalle temporary house delle prefetture di Miyagi e Iwate dove si sono rifugiati i sopravvissuti e dove l’artista ha trascorso molto tempo.
Il viaggio prosegue a Niigata, una delle città salvatesi dal bombardamento degli americani grazie alla condizioni meteo non ottimali presenti la mattina del 6 agosto del 1945, continua a Hiroshima e giunge infine a Machida dove vive Kaori, la ragazza che ha continuato a scrivere al fratello di Vittorio ancora mesi dopo l’incidente e le cui lettere hanno fatto nascere l’idea del progetto.
Il percorso si apre poi con un omaggio al Giappone. Un esperimento nuovo, questo di ospitare un Paese e renderne omaggio, nato dal fatto che il festival – ottenendo il patrocinio dell’istituto Giapponese di Cultura di Roma – ha avviato una collaborazione con la Fondazione Italia Giappone per diffondere la cultura giapponese in Italia. Una collaborazione che si avvia con la fotografia e che porta a Reggio Emilia i progetti di Kenta Kobayashi, Motoyuki Daifu, Ryuichi Ishikawa e Pixi Liao per un percorso che va a concludere le mostre del primo piano dei Chiostri. Il tutto accompagnato da un sottofondo musicale in tema.
Il progetto più particolare di certo è quello di Matoyuki Daifu: una ripetizione, su più pannelli, di differenti scene in cui la madre sbuccia una cipolla. Questa donna, nella sua cucina, viene ripresa in più battute dal figlio che non la risparmia a nessuna smorfia. Anzi, sono proprio le sue mimiche facciali che l’hanno resa ‘celebre’ o meglio una vera e propria icona nel suo Paese.
Le foto di Kenta Kobayashi le troverete invece disposte nel lungo corridoio. A terra e sul muro, in verticale, per creare effetti ottici unici e raccontare – a modo suo – in puro stile metaforico le nuove generazioni, la tecnologia, l’intelligenza artificiale arrivando fino a toccare tematiche come la fantascienza.
Le relazioni, i ditini medi alzati, le provocazioni, l’inversione di ruoli. Quello di Pixy Liao è di certo uno dei lavori che, in questa sezione dedicata al Giappone, mi è piaciuta di più. Le sue foto – che avrete già visto girare sui social visto che una delle sue fotografie è stata scelta anche come copertina del catalogo di Fotografia Europea – mettono in dubbio la realtà dei rapporti sentimentali.
Mitsugu è un personaggio diventato ormai un’icona sempre presente nelle fotografie di Ryuichi Ishikawa. E a lui è dato tanto spazio in questa mostra ai Chiostri. Considerato una stella nascente della fotografia giapponese questo è un fotografo da tenere d’occhio. I suoi personaggi borderline raccontano una città, quella di Okinawa, intrappolata tra le storie del Giappone e della Cina e le economie del Giappone e dell’America.
Ultima mostra al piano superiore dei Chiostri è quella di Pierfrancesco Celada. Il suo è un progetto che indaga l’isolamento e lo fa indagando sulla megalopoli di Tokyo-Nagoya-Osaka – una delle zone più popolose del pianeta – per mostrare come i suoi abitanti piuttosto che intrecciare rapporti si isolino completamente. Con soluzioni talvolta fin troppo estreme.
La sperimentazione di Justine Emard
Mi sa che quest anno quelli di Fotografia Europea volevano stupirci su più fronti. E quindi hanno portato ai chiostri un progetto particolare, dedicato alla robotica, l’intellingenza artificiale e la vita. Ad accoglierci foto impresse su tela che ci spronano poi a entrare in un mondo futuristico dove robot e persone interagiscono. Il tutto si completa con immagini proiettate sulle mura dei chiostri che creano effetti particolarissimi con i dipinti del palazzo.
Crack. Fisicità e fotografia nelle foto di Benassi
Ai Chiostri trovano spazio anche le fotografie di Jacopo Benassi. Crack – per definizione dello stesso fotografo – è un’atlante del corpo, elaborato tra gli estremi della plastica antica e della flagranza fisica contemporanea. Una mostra che, se seguite i suoi lavori, non potete non amare.
Larry Fink a Palazzo da Mosto
“Per fare una fotografia non serve chissà quale macchina. Bastano lo sguardo e l’animo“. E le sue fotografie parlano da sè.
Una mostra di persone, di ritratti fantastici di persone spesso comuni (ma anche di celebrità) che Fink ha immortalato in anni e anni di carriera. Qui alcune delle sue foto più conosciute per raccontare le battaglie civili, i party esclusivi, la vita rurale, ma anche qualche inedito scattato in Italia, begli anni scorsi. Perchè, ci ha svelato oggi in preview, dell’Italia ama tante cose: le sue statue nude (che in America non ci sono), le campagne e poi, ovviamente, la gente.
Horst a Palazzo Magnani
In bianco e nero e a colori. La moda, i ritratti, gli amici, Warhol, le copertine di Vogue. Palazzo Magnani, in collaborazione con Paci contemporary gallery, presenta al suo pubblico un lungo racconto del percorso artistico di Horst. Tra foto d’epoca, delicate e bellissime, è facile perdersi e immaginarsi un’altra epoca.
Vincenzo Castella alla Sinagoga
Immagini di grandi dimensioni e video. Non c’è da aspettarsi una sinagoga piena di fotografie per questa ‘Urban Screen‘ di Vincenzo Castella. Piuttosto un’analisi fotografica delle relazioni tra uomini e natura.
Nei sotterranei del teatro Valli
Vale una visita la mostra ai sotterranei del teatro Valli. Qui, in una cornice suggeristiva, sono ospitate due mostre: ‘100 Hectares of Understanding‘ di Jaakko Kahilaniemi e ‘The tapestry in my room‘ di Lucie Khahoutian.
La prima è un’indagine sul valore delle foreste per la Finlandia, sia dal punto di vista storico che da quello economico. Un tentativo di entrare in relazione con l’area forestale che ha ereditato nel 1997, di 100 ettari appunto. E lo fa creando nuovi modi di pensare alla foresta, nuovi modi di sperimentarla e di viverla.
La seconda mostra, invece, è sperimentale. L’artista ci mostra un confronto tra Armenia e Francia mescolando i codici visivi armeni tradizionali con un contesto più europeo e occidentale.
Chiaramonte al Battistero e a San Nicolo’
Una mostra divisa in due sedi, questa. La prima, nel Battistero della Cattedrale, si pone come un viaggio alla ricerca del proprio destino, dalla tomba della madre, attraverso le città e i luoghi in cui ha preso forma e figura la storia dell’Occidente: Atene, Roma, Berlino nelle rovine lasciate dai totalitarismi e dalle guerre del XX secolo, che hanno avuto epilogo nell’Olocausto, testimoniato nel memoriale di Miami.
La seconda parte, in San Nicolò, espone Jerusalem, un invito a meditare su una città divisa tra turismo e religione.
Musica e emozioni allo Spazio Gerra
Cosa fanno le canzoni? Confessano un sentimento, lo esprimono per liberarsene o per riuscire a rileggerlo, cercano le parole per tradurlo e interpretarlo.
Allo spazio Gerra la canzone trova la sua dimensione e le foto e gli oggetti in mostra approfondiscono il periodo che va dagli anni ’70 al ’75 attraverso le interpreti e gli autori concentrandosi particolarmente sui temi della confessione e sui relativi processi di identificazione.
Non dimenticate l’audioguida all’ingresso per vivere la mostra attraverso le parole dei diari e la musica scelta per accompagnarne i sentimenti.
La giovane fotografia italiana ai Chiostri di San Domenico
A San Domenico trovano spazio le fotografie di Giovane Fotografia Italiana, un progetto dedicato alla scoperta e valorizzazione dei migliori talenti emergenti della fotografia contemporanea italiana. Ma anche le fotografie del concorso ‘Scatta la cultura’, con alcune delle più belle foto a raccontare l’Emilia Romagna.