Modella, cuoca, corrispondente di guerra, fotografa. E’ stata tutte queste cose insieme Lee Miller.
Una donna, fotografa e grande artista, tutta da scoprire ancora per pochi giorni a Bologna, in occasioen della mostra ‘Surrealist Lee Miller‘ a Palazzo Pallavicini.
Qui, nel centro di Bologna, sono racchiuse più di 100 fotografie – di piccole e medie dimensioni – incastonate tra le sale del Palazzo. Fotografie che, una dopo l’altra, ci permettono di ripercorrere l’intera carriera artistica della fotografa, attraverso quelli che sono i suoi scatti più famosi ed iconici.
Icona e fotografa
La sua è una storia particolare. Il suo successo nasce intorno al 1927 quando il proprietario delle allora edizioni Condé Nast la salvò dal rischio di un investimento d’auto a New York e rimase affascinato dal suo volto, dalla sua semplicità e dal suo accento francese. Fu lui a lanciarla sulla copertina di Vogue nel 1927, trasformandola in un’icona de lnuovo volto della società moderna e l’incarnazione della new woman.
Molti sono i fotografi che la ritraggono – Edward Steichen, George Hoyningen-Huene o Arnold Genthe – e innumerevoli i servizi fotografici di cui è stata protagonista.
Questo fino a quando la Miller non decide di passare dall’altra parte dell’obiettivo.
Torna in Europa, rimane colpita dalle fotografie di Man Ray che incontrò, diventandone modella e musa ispiratrice, e instaurandone un duraturo sodalizio artistico e professionale che assieme li porterà a sviluppare la tecnica della solarizzazione.
Una strada tutta in salita. E grazie alle conoscenze e alle amicizie – tra cui Picasso, Ernst, Cocteau, Mirò – la Miller trasse moltissime ispirazioni e si aprì al surrealismo realizzando immagini fantastiche, spesso attribuite a Man Ray.
Non solo surrealismo, ritratti e moda. Ma anche sperimentazioni nella fotografia di reportage, un genere che Lee Miller ha portato avanti intraprendendo lunghi viaggi nel deserto, fotografando villaggi e rovine, gettandosi poi nella scelta di seguire i conflitti.
Una scelta che la porterà a documentare i bombardamenti a Londra, gli alleati del D-Day, le attività del fronte e della Liberazione; senza contare la liberazione dei campi di concentramento di Dachau e Buchenwald o le foto scattate negli appartamenti di Hitler.
Una scelta – questa di seguire la guerra e la Liberazione – che la porterà a lottare con lo stress post traumatico, costringendola poi, dopo pochi anni, a uscire definitivamente di scena.
Ecco perchè questa volta val la pena di essere vista. Scoprire una storia, le storie dietro a tutte quelle fotografie, la vita di una fotografa ancora poco conosciuta nel nostro mondo. Un’opportunità unica.