Se mi dovessero chiedere quali sono le mostre che ho preferito in questa edizione di Riaperture 2021, il festival di fotografia di Ferrara, sarei molto indecisa. Per prima cosa perché di anno in anno questo festival riesce a rubarmi sempre il cuore. Vuoi per i luoghi scelti, per gli allestimenti, per i fotografi chiamati ad esporre. Seconda cosa perché non è mai facile fare una classifica equa.
L’unica cosa che mi sento di dire, quindi, è che vale la pena uscire di casa e percorrere qualche km (in base a dove si abita) per andare a vedere le mostre di questo festival. Vale la pena prendere in mano la cartina delle esposizioni, fare il biglietto e iniziare a girovagare. Tanto più che quest’anno si può scegliere anche di visitare alcune sedi soltanto, in modo da poter scegliere il proprio percorso e personalizzarlo. Chi ha tempo, però, di vederlo tutto deve approfittarne: perché rimarrà sbalordito dalla bellezza delle mostre e degli allestimenti, in luoghi che difficilmente si potrebbero vedere aperti.
In questo giro alla scoperta della bellezza di Ferrara, attraverso le mostre di Riaperture, non solo ho potuto ammirare luoghi già conosciuti ma anche posti nuovi perché una delle particolarità del festival è quella di aprire – solo per i week end dell’evento – alcune sedi che sarebbero altrimenti chiuse al pubblico. In questo senso, c’è un duplice vantaggio: scoprire nuovi progetti fotografici, entrare in contatto con altri appassionati di fotografia e ammirare meravigliosi posti chiusi per inagibilità, per lavori o per altre ragioni.
Tra queste, sempre bellissima, la sede della Chiesa di San Paolo, in centro città, che ospita la mostra di Fabio Bucciarelli. Un lavoro dedicato alla pandemia da Covid-19 e che lo ha visto entrare in contatto con sanitari e famiglie per raccontare, giorno dopo giorno, l’epilogo del virus. Le foto trovano spazio tra statue, le pale d’altare e lungo il corridoio dell’ingresso: un allestimento che non può lasciare inermi di fronte a ciò che è successo in questi ultimi anni.
Qui vicino, ovvero nell’ex refrettorio San Paolo, c’è anche la mostra dedicata ai vincitori del concorso World Water Day. Il contest mira a raccogliere fondi per la fornitura di sistemi di potabilizzazione dell’acqua destinati ai paesi a risorse limitate. Una bella mostra per una bella causa.
Basta, poi, incamminarsi verso il castello Estense per raggiungere, a pochi passi dal castello, la sede dell’ex Chiesa di San Giuliano ed ammirare i lavori di Franco Fontana. Il fotografo modenese, noto anche come “maestro del colore” porta qui una selezione dei suoi più grandi lavori. Una mostra certamente dedicata a chi ama la fotografia creativa e vuole vedere da vicino alcuni dei tanti lavori realizzati negli anni da Fontana.
Proseguendo, verso la parte opposta della città, si incontra Palazzo Massari. Qui trovano spazio tre mostre. La prima, di Francesco Comello, si amplia all’interno, mostrando i suoi bianchi e neri realizzati per raccontare la vita degli abitanti de “L’isola della salvezza”, una comunità nascosta e silenziosa fondata nei primi anni 90 da un prete ortodosso, padre Alexy.
Dal rispetto delle regole alla ribellione raccontata da Alessandro Cinque. Le fotografie qui si prendono il giardino del Palazzo per narrare i conflitti avvenuti in Cile, nel 2019. Mentre un’altra parte dell’esterno è dedicata alla storia di Spartaco e Liza. Le fotografie di Giorgio Bianchi affrontano questa storia d’amore ritagliata tra guerra, povertà, lavoro e mancanza di libertà. Tutte storie davvero intense che vanno colte in ogni sfumatura.
All’ex Convento di Santa Caterina Martire, invece, prendono vita ben 6 progetti. Si tratta di “Jova Beach” di Francesco Faraci, all’interno del giardino, una narrazione esplosiva e ricca di energia sull’evento musicale che ha coinvolto milioni di italiani e Jovanotti.
Con Gideon Mendel, ancora, si scoprono le storie delle vittime di alluvioni. Ritratti intensi davanti alla macchina fotografica circondati dall’ambiente devastato o realizzate negli interni ed esterni delle loro case alluvionate. L’allestimento è unico e, in un vecchio fienile, alterna foto a video.
Con Fabio Mantovani ci si addentra in alcuni “agglomerati” di edilizia pubblica tra i più i noti in Italia: dalle Vele di Scampia a Barca di Bologna, un’indagine per capire come le persone vivono in questi luoghi di cemento ormai entrati a far parte del paesaggio.
Qui anche “Korean Dream” di Filippo Venturi che mostra come si vive in uno dei paesi più chiusi al mondo e “Bio Minds” di Marco Buratti, un racconto sul rapporto uomo-natura e di come l’uomo dovrebbe rispettarla e ascoltarla per trovare tante risposte agli interrogativi.
Si chiude con “Chas Chas” di Luis Cobelo con un allestimento che riporta al mondo magico e surreale che il fotografo vuole raccontare. Un lavoro originale, unico e da scoprire in ogni angolo per entrare in questo luogo fantasioso.
Più lontane, ma davvero molto affascinanti, le sedi del Giardino di Palazzo Schifanoia e Porta degli Angeli. Qui prendono vita i lavori di Christy Lee Rogers, Serena Vittorini e Eleonora Calvelli, delicatissimi e molto attuali. Nel giardino, in particolare, le foto della Rogers raccontano la forza ma anche la vulnerabilità dell’essere umano.
Alla Porta degli Angeli, invece, i lavori di Vittorini e Calvelli. La prima narra un amore nato tra due giovani donne ai tempi del Covid; il secondo esplora il mondo (non privo di difficoltà ma anche di tanta gioia) di 12 famiglie arcobaleno italiane con figli nati grazie a tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita.
A chiudere le mostre, a Spazio Grisù, le fotografie di Arianna Genghini – che esplora il corpo come fosse poesia – e il lavoro realizzato da Lea Meienberg in Sardegna alla ricerca delle Blue Zones, le 5 regioni del mondo dove le persone vivono molto più a lungo della media.
Insomma, ancora una volta Riaperture si conferma come una grande scoperta. Un festival che è sempre in grado di sorprendere ed affascinare.
Nota: altre foto in arrivo