Immagina un mondo senza persone: come sarebbero i musei vuoti? E i borghi umbri o la Capitale? E le spiagge della riviera romagnola?
Non c’è bisogno di sforzarsi e usare troppo l’immaginazione per rispondere a questa domanda perché questo momento l’Italia (e altri Paesi del mondo) lo hanno passato davvero, durante il Lockdown del 2020.
Per mesi non si poteva uscire, tantomeno viaggiare né visitare un museo. Le attività sono rimaste chiuse, le spiagge desolate e le città deserte. Uno scenario che 12 fotografi hanno immortalato nel 2020 e che ora si può rivedere alla mostra Italia In Attesa a Reggio Emilia.
Qui, a Palazzo Mosto, hanno preso vita le fotografie dei 12 fotografi Olivo Barbieri, Antonio Biasiucci, Silvia Camporesi, Mario Cresci, Paola De Pietri, Ilaria Ferretti, Guido Guidi, Andrea Jemolo, Francesco Jodice, Allegra Martin, Walter Niedermayr e George Tatge. Sono loro gli interpreti chiamati dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo per raccontare questa condizione particolare vissuta dagli italiani nel 2020.
Nelle loro fotografie le città, i musei, i borghi, la natura, i luoghi d’aggregazione sono privi di vita umana. Posti dove solo pochi mesi prima le persone trascorrevano la loro quotidianità che si sono trasformati in terre desolate, vuote ma non prive di significato.
Queste immagini, infatti, ci fanno capire – in un qualche modo – anche l’importanza della nostra presenza nel mondo, che va rivalutata sotto ogni aspetto.
Sala dopo sala le fotografie tracciano il racconto di un periodo che è stato difficile sotto diversi punti di vista, un periodo che ci ha segnato e che molte persone hanno già cercato di lasciarsi alle spalle. Ricordarlo significa riflettere non solo sul periodo, sull’emergenza ma anche su ciò che le persone rappresentano per questi luoghi.
La mostra, a cura di Margherita Guccione e Carlo Birrozzi, è promossa dal Ministero della Cultura, Direzione Generale Creatività Contemporanea, dall’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione e Fondazione Palazzo Magnani, in collaborazione con Fondazione Maxxi.
La mostra rimarrà aperta al pubblico fino all’8 gennaio del 2023: un’occasione unica per dare un significato e un senso alle cose rimaste in sospeso.