MODENA. Fu il primo fotografo di spicco in Perù, il primo ad intuire le straordinarie potenzialità espressive dell’arte dei sali d’argento e il maestro delle successive generazioni di autori andini. Eppure, alla sua morte, di lui si persero inspiegabilmente le tracce, come se non fosse mai esistito.
La figura di Max Telesforo Vargas, capostipite della scuola di fotografia di Arequipa, del quale, fino all’11 gennaio, è possibile ammirare una selezione di opere a Modena, all’interno della mostra Fotografía de los Andes , fino a poco tempo fa era avvolta nel mistero. E’ stata la ricerca svolta da Jorge Villacorta, curatore della rassegna, a mettere in luce alcuni aspetti che ora potrebbero spiegare i motivi dell’occultamento di uno dei protagonisti della storia della fotografia peruviana.
“Max T. Vargas fu il più importante fotografo andino dal 1890 al 1920, anno in cui lasciò Arequipa per trasferirsi in Bolivia – spiega Villacorta – Dopo sette anni trascorsi a La Paz, facendo sempre il fotografo, rientrò in Perù senza però riprendere l’attività artistica. Morì poverissimo nel 1957 a Lima e il suo archivio è andato irrimediabilmente disperso“. Nei successivi sessant’anni, il nome di Vargas sparisce dalle cronache e dalla memoria ufficiale; Villacorta si imbatte casualmente in lui mentre lavora alla biografia del figlio, Alberto Vargas, famoso illustratore erotico che aveva collaborato per anni con Playboy, scoprendo che il padre era stato un fotografo.
Da quel momento, Villacorta cerca di ricostruire le vicende di Max T. Vargas, inseguendo le sue tracce nei giornali dell’epoca e negli archivi delle famiglie di Arequipa. Nella mostra Fotografía de los Andes Villacorta è riuscito finalmente a dimostrare il ruolo centrale che Vargas ha avuto nella diffusione della fotografia in Perù. Oltre ad essere stato un grande ritrattista, è emerso come sia stato anche il maestro di numerosi fotografi importanti nel contesto peruviano: i fratelli Vargas (che, nonostante il medesimo cognome, non sono parenti di Max), l’immigrato italiano Luigi Domenico Gismondi che, trasferitosi successivamente in Bolivia, diventerà il fotografo più importante per quello stato, Enrique Masias, e soprattutto, Martin Chambi, a tutt’oggi il più celebre autore storico peruviano.
Perché allora l’opera di Max T. Vargas è stata dimenticata così a lungo? Villacorta è convinto che non si tratti di un caso, ma di una rimozione volontaria: “L’alta borghesia di Arequipa, se in un primo momento aveva accolto con favore l’arte di questo fotografo, non aveva però gradito la modernità di alcuni ritratti, in cui trapelava una certa sensualità delle dame araquipene, così come il tentativo che Vargas aveva fatto di dare dignità, sempre attraverso la fotografia, alla popolazione indigena. Non si spiegherebbe altrimenti l’improvvisa decadenza di un vero imprenditore della fotografia, che aveva raggiunto fama, riconoscimento sociale ed economico e poi improvvisamente fu ‘cancellato‘”.
Quella di Villacorta è un’ipotesi, ma rende ancora più affascinante questo capitolo della storia della fotografia peruviana, raccontata per la prima volta a Modena, nella sede espositiva di Fondazione Fotografia . “In questa mostra – afferma il curatore Jorge Villacorta -, siamo riusciti per la prima volta a riunire tutti i protagonisti di quell’incredibile vicenda che la fotografia visse nel sud andino peruviano agli inizi del novecento. Non ero mai riuscito a farlo nel mio paese e sono orgoglioso di esserci riuscito a Modena“.
Info: www.fondazionefotografia.org